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Quando andare dallo psicologo

Nonostante la figura dello psicologo si sia diffusa in larga scala grazie al suo inserimento nei servizi sociali e nelle scuole, come figura di supporto, resta ancorata nella mente di molti l’immagine dello psicologo come di “qualcuno che si occupa dei matti”(chi in fondo non lo è un po’)! O come di colui a cui rivolgersi quando si sono finite le alternative.

Spesso quando ci suggeriscono di andare dallo psicologo, viene spontaneo mettersi in una posizione di difesa, in quanto ci si sente accusati o giudicati “non sani psichicamente” o troppo fragili per farcela da soli.

Contrariamente a queste false credenze, andare dallo psicologo significa semplicemente richiedere un aiuto in un momento di difficoltà. La difficoltà o il disagio possono essere di diversa natura e il rivolgersi a uno psicologo non necessariamente comporta una presa in carico o l’inizio di un percorso terapeutico.

La situazione di disagio può essere rappresentata da un problema che ci impensierisce particolarmente (per es. sul lavoro), da un periodo di stress legato a cambiamenti, da una crisi individuale lieve o profonda (per es. la fine di una relazione, una crisi di coppia, ecc.), oppure ancora un senso di insoddisfazione o inquietudine che magari non ci lascia sereni da qualche mese; il disagio può essere percepito più facilmente, sia da noi sia da chi ci sta vicino, qualora si connoti con i tratti dell’ansia o della depressione.

Potremmo provare una sensazione destabilizzante di fronte ai normali compiti di sviluppo che caratterizzano la nostra vita, fasi dell’esistenza che ci fanno provare una certa difficoltà: adolescenza, uscita di casa, costruzione della coppia, nascita di un figlio, separazione coniugale, pensionamenti, “sindrome del nido vuoto”..

Ebbene questo può essere il momento giusto per chiedere un consiglio ad un professionista.

Con l’aiuto di uno psicologo potremmo per esempio cavarcela meglio e più in fretta, oppure scoprire che la scelta o la soluzione giusta per noi, è quella che non avevamo nemmeno preso in considerazione.

Altresì è importante muoverci nei “tempi giusti”, perché, allo stesso modo in cui ci poniamo di fronte ai sintomi che potrebbero essere il preludio di una malattia di tipo organico, anche i segnali che ci arrivano dalla nostra psiche ci stanno dicendo che è importante intervenire prima che possano tradursi in una psicopatologia. Diventa quindi fondamentale il concetto di PREVENZIONE con l’obiettivo di prenderci cura del nostro benessere.

Contrariamente a ciò che si pensa, un supporto psicologico può risolversi anche in pochi incontri (per es. nel caso in cui una persona stia vivendo un particolare momento di stress lavorativo o familiare), ma se il cliente e il professionista lo ritengono opportuno e desiderano avventurarsi in un lavoro che intervenga in maniera più profonda, possono intraprendere un percorso psicoterapeutico.

Il tipo di intervento che si intraprende è sempre contrattato tra il professionista e il cliente/paziente: lo psicoterapeuta, vi aiuterà a risolvere il problema per cui avete chiesto aiuto, o vi aiuterà a comprendere meglio la natura della vostra richiesta e al più vi potrà invitare a riflettere su alcuni vostri meccanismi, suggerendovi l’opportunità di poter lavorare a livelli più profondi per una vostra migliore qualità di vita.

Mettere le mani nel nostro passato e nel nostro modo abituale di funzionare è complicato e spesso doloroso e quando lo facciamo dobbiamo sempre essere molto motivati e avere la sensazione di farlo per noi stessi, per stare meglio.

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Federica Benedetti

La passione per la comprensione delle dinamiche intrapsichiche e relazionali ricordo d’averla sin da bambina. Sapevo di non poter far altro nella vita che mi appassionasse di più, così la scelta della facoltà universitaria è stata per me libera da dubbi. Mi sono laureata a Roma presso la Facoltà di Psicologia, ad indirizzo clinico e di comunità, dell’ Università “La Sapienza” nel 2001, con una tesi dal titolo “Povertà Estreme. Quattro storie di vita di senza fissa dimora”. L’impatto con una realtà sociale tanto diversa dalla provincia da cui provenivo, mi ha portato ad avvicinarmi alle persone cosiddette “invisibili” che però per me erano fin troppo visibili, tanto da voler approfondire il tema del disagio sociale e delle storie di vita di queste persone. Questo sotto la supervisione del grande prof. Lutte, allora Professore Ordinario della Cattedra di Psicologia dell’Età Evolutiva. Stavo vivendo una delle esperienze più forti della mia vita, che ha aperto la strada a quello che poi è stato il mio percorso di “operatore di strada”. [prosegui]

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